Un numero impresso per sempre su un braccio. È con questa immagine che si presenta la mostra "Auschwitz-Birkenau", che si potrà visitare dal 28 gennaio al 21 marzo a Roma, nel Complesso del Vittoriano. Un'esposizione che è inserita nelle celebrazioni del Giorno della Memoria e che ricorda anche un'importante ricorrenza: il 65° anniversario della liberazione del complesso di Auschwitz-Birkenau, avvenuta il 27 gennaio 1945.
Le divise a strisce, una valigia, un paio di scarpe, posate: scorrono nel percorso espositivo gli effetti personali dei deportati. Sono alternati a fotografie e video originali dell'epoca, che testimoniano con le immagini una tragedia in corso, che colpì milioni di ebrei, ma anche gli oppositori politici, i cosiddetti "asociali" (fra i quali rom e sinti), gli omosessuali.
Particolarmente toccante la sequenza di un gruppo di donne, completamente nude, che cercano di coprirsi come possono. Un sentimento di pudore che le accompagna alla fotografia successiva, in cui giacciono morte in una fossa comune, vittime della cosiddetta "selezione".
Dall'altra parte, le immagini della vita serena dei carnefici che lavoravano nei campi di concentramento: fotografie sorridenti di uomini e donne in divisa; una SS che accende le candele su un albero di Natale. E ancora i molti documenti scritti: in italiano, tedesco, inglese. Dalle lettere dei deportati alle delazioni che fecero deportare decine di ebrei. Dal curriculum vitae di Josef Mengele (il cosiddetto "angelo della morte"), a un rapporto degli americani che per primi entrarono nel campo di concentramento che recita: «È un fatto che i tedeschi abbiano compiuto un metodico sterminio degli ebrei». E ancora un questionario sulle torture subite compilato al ritorno dalla sua deportazione da Primo Levi, lo scrittore italiano che con i suoi libri ha fatto conoscere l'orrore in tutto il mondo.
Una voce che canta accompagna il visitatore che esce dalla mostra. È proprio la voce di Mengele, registrata molti anni dopo Auschwitz a San Paolo del Brasile, dove era riuscito a scappare e dove è morto nel 1979, sfuggendo ai processi contro i nazisti colpevoli dello sterminio. «Abbiamo scelto di far ascoltare la voce di Mengele all'uscita – afferma Marcello Pezzetti, il curatore – per comunicare al visitatore che questa non è una mostra consolatoria: non ci può essere consolazione per una tragedia di così enorme portata, specialmente al pensiero che molti dei colpevoli di questo orrendo crimine sono riusciti a scampare al giudizio».